Aveva fame il povero asinello.
Aveva camminato, mansueto,
per ore sul lungo tratto di strada;
ed ora aspettava la biada; ma non osava parlare:
anche il suo padrone era stanco di bussare alle porte della muta gente del borgo.
Perciò quella sera s’accovacciò e si mise a dormire. Lo svegliò un agnello zoppicante che belava come un fanciullo sperduto, temendo la notte che stava giungendo.
S’accesero trepide le stelle sul tetto del cielo ballando canzoni di pace. Tacque allora l’agnello, tacque la sua pena, ed attese l’aiuto.
La pecora madre si mosse e corse a fargli carezze col muso di lana e ad accomodare le bende del piede.
Quella notte nessuno poteva stare solo. L’asinello si rimise in cammino mangiando prima un umile fieno trovato sul ciglio. Raggiunsero insieme e a stento i compagni.
Nell’ora un po’ tarda una luce novella mostrava lontano una stalla, che invitava a un’insolita festa.
I piccoli agnelli si misero a correre, curiosi come bambini, e giunsero alla stalla per primi, lasciando le madri in affanno, ed entrarono belando come si entra nella casa già nota, formando un bel coro che parlava allegria.
L’uomo li accolse abbracciandoli tutti e offrendo ad ognuno un piccolo letto di paglia.
Ma essi non avevano sonno; attesero le madri col latte formato nel viaggio. Era bello vederli come bambini abbeverarsi al seno di mamma. Anche l’asinello giunse alla stalla ed ebbe il suo posto, di là dalla greppia, ove, con un compagno di cella, trovò del buon fieno.
L’ora sul campanile diceva che la notte era a mezzo del corso; e si attendeva col fiato sospeso. L’uomo si mise in ginocchio appoggiando la spalla alla stanga, accanto al giumento che emise un sospiro felice.
Allora in silenzio apparve una scala di angeli discendere dall’alto ove stavan le stelle; era fatta di soffice luce, vi posavano lievi i teneri piedi d’una Vergine Madre che portava, già nato, un fiore di bimbo divino; poi lo adagiava tra i lini che coprivan la culla.
Tutti gli agnellini abbassarono il musetto adoranti, così fecero le pecore madri e l’asinello con l’amico, e tutti i pastori che a frotte giungevano ansiosi.
La stalla, che un tempo pareva deserta, divenne la casa più bella, ornata di vivi bambini innocenti, di canti e sorrisi, di giubili e suoni.
Era un lembo di cielo apparso all’uomo timoroso del sacro, ch’ha bisogno, ancor oggi, di sapori e profumi celesti.
Buon Natale 2022